Il Rict in soccorso del dissesto idrogeologico
Le competenze tecnologiche per fare innovazione a Piacenza ci sono eccome. Nella meccanica, nel packaging, nell’agroalimentare hanno fatto storia, e nell’era dell’industria 4.0 giocano un ruolo ancor più imprescindibile. Per avere un quadro della situazione e scoprire quali sono i problemi da risolvere in questo ambito tanto strategico per il presente e il futuro del nostro tessuto produttivo, abbiamo chiesto una mano a chi con l’innovazione tecnologica lavora tutti i giorni. Stefano Guglielmetti, imprenditore nel settore informatico (Isi srl), è il presidente del Rict (acronimo di Ricerca, innovazione, comunicazione, tecnologia). Si tratta del cluster di imprese nato nel 2014 sotto l’egida di Confindustria, che oggi annovera tra le sue fila una quarantina di imprese piacentine in modo trasversale, con punte d’eccellenza e aziende che operano anche in campo nazionale e internazionale.
Una vicina ingombrante
I problemi, dicevamo. Il primo ha un nome per i più magari inaspettato: si chiama Milano. La competizione della metropoli lombarda schiaccia chiunque a 360 gradi. E la nostra prossimità non sempre aiuta. “Prenda il caso dei tanti tecnici di alto livello che servirebbero alle nostre aziende e che facciamo fatica a trovare”, spiega Guglielmetti. “Anche i piacentini che vanno a studiare informatica o elettronica a Milano o a Parma, entrano già nell’ordine di idee di lavorare poi fuori città. E Piacenza magari torna alla mente come luogo di lavoro solo dopo qualche anno, quando viene il momento di metter su famiglia”. Una carenza preoccupante, che va affrontata con nuove iniziative. Così al Rict stanno preparando un apposito career day per far conoscere tutte le opportunità di occupazione offerte dalle nostre imprese in campo tecnologico, con l’obiettivo di attirare tecnici di alto livello e giovani freschi di studi.
Banda larga…
Dal fronte delle infrastrutture tecnologiche arrivano notizie migliori. Finalmente dopo anni di sofferenze sia nell’area di Podenzano come a San Nicolò è stata stipulata la convenzione con Lepida per la banda larga. E nel giro di qualche anno la fibra si diffonderà in tutte le aree industriali della provincia. Insomma, qui non saremo i primi della classe, ma per Guglielmetti non siamo messi poi così male, “anche per la forte domanda spinta dall’insediamento del comparto logistico, che ha assunto dimensioni rilevanti, senza dimenticare le aziende che hanno portato a Piacenza una connettività di alto livello”.
…e banda stretta
Resta aperto il problema delle infrastrutture tecnologiche per le aree collinari e montane: difficili da mettere in rete, coprono gran parte del nostro territorio. E qui il Rict sta preparando un progetto di rilevanza pubblica che punta sulla banda ultrastretta per raggiungere anche le zone più ostili. Basato sull’Iot (Internet of things), potrebbe aiutare a risolvere problematiche sempre più difficili e complesse in tempi di cambiamenti climatici: “Pensi per esempio alla necessità di acquisire informazioni per monitorare ed affrontare problemi come quelli del dissesto idrogeologico”, spiega Guglielmetti. A che punto siamo? Dopo averlo presentato lo scorso anno al Comune di Piacenza durante gli Stati Generali, “oggi stiamo definendo gli ultimi dettagli tecnici di due progetti pilota per sopperire alla banda larga dove questo serve di più”. La rete di monitoraggio di zone soggette a dissesto idrogeologico, dopo una fase di sperimentazione locale, potrebbe essere esportata anche in altre zone d’Italia, e sono tante, che vivono le stesse problematiche del nostro Appennino, “federando” i vari network per l’acquisizione e lo scambio dei dati.
Competenze in rete
Se questo esempio concreto dà il polso delle capacità imprenditoriali e tecnologiche piacentine, sullo sfondo resta sempre l’esigenza altrettanto concreta di una razionalizzazione degli sforzi nel fare innovazione. “Ne abbiamo bisogno. E dovremmo farlo in modo coerente, mettendo insieme competenze ed eccellenze del nostro territorio”, sostiene Guglielmetti. Di chi stiamo parlando? Di realtà come le nostre due università, Politecnico e Cattolica; del Musp, un consorzio a capitale pubblico-privato con un laboratorio a Le Mose, dove si fa ricerca applicata soprattutto legata alle macchine utensili e all’ingegnerizzazione del prodotto; ma anche di altre realtà come il Digital Innovation Hub o l’Urban Hub. “Tutti centri d’eccellenza da coordinare al meglio per fare massa critica e non disperdere risorse, coinvolgendo sempre di più le aziende del nostro territorio”.
Persone 4.0
Altro aspetto da non sottovalutare, quello della comunicazione. Fuori da ogni polemica, Piacenza dovrebbe provare ad affrancarsi da un’immagine che a volte pare ruotare solo attorno alle sue Dop nell’agroalimentare, per evidenziare invece le sue capacità di produrre innovazione tecnologica, diventando così più appetibile anche per nuovi investimenti che “ci vedono periferici non solo guardando a Milano ma anche su scala regionale”. Perché alla fine piccolo non è più così bello come si poteva pensare un tempo. “Piccolo di certo è snello, ma oggi c’è un’esigenza di fare filiera a tutti i livelli”. In queste dinamiche soprattutto economiche, l’industria 4.0 può aiutare comunque anche sotto il profilo del paradigma culturale. “Significa creare persone 4.0, con una mentalità più aperta al dialogo sia in azienda che nei rapporti esterni; persone con una visione più ampia del lavoro che svolgono, pronte a interconnettersi non solo con macchine e dati, ma anche tra di loro per crescere insieme”. Questo approccio 4.0 può essere molto utile anche nel dialogo con il settore pubblico, pensando ad ambiti come quello della digitalizzazione della Pubblica amministrazione e a tutto ciò che si può realizzare parlando di Smart City. “Temi su cui stiamo dialogando con Palazzo Mercanti e questo è già un segnale importante”, conclude Guglielmetti. Certo, le risorse per ora sono limitate, ma la città intelligente, al servizio del cittadino, senza l’innovazione tecnologica offerta dalle imprese non si fa neanche a Piacenza.